La Vulvodinia: una patologia diffusa e sottovalutata che colpisce una donna su sette

Medicina di precisione: dalla diagnosi alla cura

Si è tenuto a Napoli il 6-7 Maggio u.s. (presso l’Hotel Excelsior) un’importante iniziativa scientifica dedicata agli aggiornamenti sulle patologie vulvari più frequenti. La quinta edizione del “FORUM” è stata promossa dalle più importanti Società scientifiche di Ginecologia e Ostetricia Italiana, quali SIGO (Società italiana di Ginecologia Ostetrica) AOGOI (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri italiani) AGUI (Associazione Ginecologi Universitari italiani) AIGEF (Associazione Italiana Ginecologia Estetica e Funzionale) in collaborazione con la “Fondazione ALESSANDRA GRAZIOTTIN ONLUS” che svolge la sua missione in Italia da sempre indirizzata alla cura del dolore nella donna.

Il filo conduttore dell’importante evento è stato rivolto alla multidisciplinarità integrata e alla visione clinica tra specialisti sulle diverse patologie vulvari, quali l’impatto sulla contraccezione e la natalità, i danni ostetrici sulla salute vulvo-vaginale, sulla continenza urinaria e fecale, sulla sessualità, e le infezioni vulvo-vaginali da malattie sessualmente trasmissibili.

Particolare attenzione è stata dedicata al tema della vulnerabilità oncologica vulvare e sull’importanza del MICROBIOMA femminile nelle disbiosi vulvo-vaginali che possono predisporre ad infezioni subcliniche di grande rilevanza tra le quali la VULVODINIA.

La Vulvodinia è una malattia ginecologica ed è una patologia neuropatica caratterizzata dall’infiammazione dei nervi dell’area genitale femminile esterna pelvica causata da una infiammazione e ipersensibilità delle terminazioni nervose a livello vulvare associata a forte dolore, bruciore, arrossamento, dispareunia (dolore durante i rapporti sessuali).

Studi recenti e le nuove conoscenze sul Microbioma umano – ha spiegato il Prof. Renato Caviglia – gastroenterologo ed esperto in patologia del pavimento pelvico del “Chelsea and Westminster Hospital London (UK)” hanno prodotto un rilevante impatto scientifico che ha permesso agli esperti di settore di comprendere le interazioni fra batteri, spore, miceti e i loro geni in relazione con i circa 40 mila geni dell’ospite umano e ha consentito di individuare ed interpretare i meccanismi di scambio di trasporti e le varie interazioni tra microrganismi, micronutrienti, microproteine, metalli pesanti che sono alla base dei processi di infiammazione e di infezioni che possono interessare tutta l’area del pavimento pelvico che è implicata in numerosi meccanismi fisiologici quali la defecazione, la minzione e l’attività sessuale e che possono predisporre infezioni vulvovaginali.

Il Prof. Caviglia evidenzia come, a causa di una alterata permeabilità intestinale e di degenerazione cellulare il passaggio di metaboliti microbici a livello sistemico attivano le neuroglie cellule della glia che producono infiammazioni ovvero l’infiammazione dei neuroni che influiscono negativamente sull’espressione del NGF (nerve growth factor) con conseguente aumento della percezione del dolore causato dal cross-talk di tutte le molecole responsabili della neuro infiammazione che sono alla base della genesi della Vulvodinia o Sindrome Vulvo-Vestibolare.

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MICROBIOTA VAGINALE e FARMACOGENOMICA

Nel 1892 lo scienziato tedesco Albert Doderlein dimostra per primo, mediante coltura, la presenza in vagina di microbi gram-postivi capaci di produrre acido lattico e di inibire la crescita di patogeni.

Nel 1928 Stanley Thomas, mediante coltura ed osservazione al microscopio, caratterizza la presenza del Lactobacillus Acidophilus e fino al 1980 si è creduto che il Microbiota vaginale fosse dominato da questo tipo di batteri. Negli anni successivi con metodiche molecolari, viene dimostrato che nove specie diverse di lattobacilli sono presenti sulla mucosa della vagina normale (acidophilus, amylolyticus, amylovorus, crispatus, gallinarium, gasseri, iners, jensenii e johnsonii). La composizione del Microbiota vaginale cambia drasticamente nel tempo, condizionato dai vari livelli di estrogeni durante la crescita della donna.

Dopo la nascita la vagina viene colonizzata da un gran numero di microorganismi, la maggior parte dei quali di origine gastrointestinale che per via ascendente o dalla cute circostante, indipendentemente dall’igiene, raggiungono la vagina.

Nella fase pre-puberale, i bassi livelli di estrogeni determinano un sottile strato della mucosa e bassi livelli di glicogeno, con conseguente riduzione dei lattobacilli ed aumento del pH che favoriscono la proliferazione di un gran numero di batteri aerobi ed anaerobi facoltativi. Con la pubertà, sotto il controllo degli estrogeni, l’epitelio vaginale si ispessisce e l’aumento del glicogeno seleziona i microorganismi fermentanti, ed il microbiota vaginale è dominato dai lattobacilli soprattutto L. iners, L. crispatus, L. jensenii, and L. gasseri

Negli ultimi anni l’interesse per il microbiota vaginale è nettamente aumentato. Recenti studi hanno dimostrato grande diversità del microbiota vaginale nelle differenti aree geografiche ed anche se un normale ecositema vaginale può essere mantenuto senza la predominanza dei lattobacilli, sembra comunque che la capacità di produrre acido lattico sia una caratteristica irrinunciabile dei microorganismi che lo compongono. Altri studi hanno riportato che il microbiota vaginale non è stabile e le tipologie batteriche possono fluttuare, pur mantenendo una corretta funzionalità, nonostante il cambio della composizione batterica.

Il ciclo mestruale e l’attività sessuale sono le più comuni cause di fluttuazione delle comunità batteriche vaginali. Il microbiota vaginale ha un importante ruolo nella colonizzazione dei neonati, quelli nati da parto vaginale acquisiscono comunità batteriche dominate da lattobacilli simili a quelli vaginali materni. Quelli nati con parto cesareo invece sono colonizzati da batteri di tipo cutaneo dominati da Staphylococcus, Corynebacterium e Propionibacterium.

Resta da stabilire l’impatto che queste diversità batteriche nei neonati potrebbero avere sulla salute dell’individuo adulto. Nelle donne post-menopausa al diminuire degli estrogeni corrisponde una variazione del microbiota vaginale, con netta riduzione dei lattobacilli e potenziale aumento della crescita dei patogeni.

In generale il microbiota vaginale possiede meno diversità rispetto a quello intestinale, le differenze nutrizionali, la ridotta competizione con altri microorganismi, le diverse attività e funzioni immunologiche possono spiegare tali differenze.

Durante le vaginiti batteriche una grande ed anormale varietà microbica con molti patogeni si sostituisce alla normale flora dominata dai lattobacilli.

Comuni specie batteriche patogene sono rappresentate da anaerobi sia Gram-positivi che Gram-negativi e con i recenti metodi molecolari nuovi tipi di batteri sono individuati ed associati a specifiche forme di vaginiti con potenziale diffusione al tratto urogenitale.

Anche se le cause delle vaginiti batteriche con associate diminuzione dei lattobacilli spesso non sono chiare, recenti studi attribuiscono un ruolo a particolari “fagi” che parassitano i batteri vaginali e contribuiscono a ridurre la popolazione di lattobacilli vaginali. Alla base potrebbe essere un cambio nella popolazione fagica del microbiota fecale con trasformazione della popolazione batterica generale inclusa quella vaginale.

Nel 1996 viene riportata per la prima volta una significativa riduzione degli episodi di vaginite batterica in donne che assumevano yoghurt contenente L. acidophilus rispetto ai controlli che assumevano yoghurt pastorizzato. Successivamente, sono stati pubblicati altri studi che dimostravano il ritrovamento in vagina di lattobacilli assunti oralmente. Combinazioni di L. rhamnosus GR-1 e L. fermentum RC-14 assunti una volta al dì raggiungevano la vagina dopo circa sei giorni e normalizzavano i parametri della vaginite batterica entro 28-60 giorni dall’inizio del trattamento.  L’abilità di muoversi dal retto e colonizzare l’ambiente vaginale è proprietà di alcuni ceppi di lattobacilli e di altri batteri con specifico trofismo vaginale. E’ possibile che questi ceppi posseggano particolari geni, che codificano per specifici meccanismi, che permettono sia il trasferimento dal retto che l’attecchimento in ambiente vaginale. Di certo i lattobacilli producenti perossido di idrogeno, tra questi L. crispatus e L. jensenii, essendo in grado di aderire alla mucosa rettale possono essere candidati a colonizzare la vagina. Comunque la produzione di H2O2 non è la sola condizione che favorisce la colonizzazione vaginale, infatti L. fermentum e L. plantarum, lattobacilli che non producono H2O2, sono stati spesso trovati in ambiente vaginale dopo assunzione orale, quindi altri meccanismi sono implicati nella capacità di alcuni microorganismi di colonizzare dopo assunzione orale il tratto urogenitale femminile.

La tipizzazione molecolare rende possibile dimostrare che ceppi geneticamente stabili siano identici a quelli assunti oralmente.

Recentemente, sono state pubblicate numerose “review” e meta-analisi sull’efficacia clinica dei probiotici nelle vaginiti batteriche, tutti, in maniera simile, concludono che non esiste ancora sufficiente evidenza per raccomandare i probiotici come trattamento standard o nella prevenzione della vaginite batterica. In particolare, alcuni studi dimostrano una maggiore efficacia quando i probiotici vengono aggiunti sia oralmente che intravaginali al metronidazolo.

Altri dimostrano che singoli ceppi o combinazioni sono in grado di colonizzare la vagina, riducendone il pH e migliorando lo score di Nugent. Una combinazione di Lactobacillus fermentum 57A, Lactobacillus plantarum 57B e Lactobacillus gasseri 57C assunti per os sono in grado di colonizzare la vagina per diverse settimane persistendo dopo interruzione dell’assunzione per uno e due cicli mestruali, anche se bisogna ammettere una grande variabilità interindividuale.

MICROBIOMA UMANO, MICROBIOTA, EPIGENETICA, NUTRIGENOMICA, FARMACOGENOMICA

Il campo dell’alimentazione e dell’integrazione alimentare è andato incontro negli ultimi anni a un processo scientifico innovativo e rigoroso.

Uno degli aspetti più interessanti è la possibilità di conoscere i meccanismi di azione di molecole farmaceutiche e di altre sostanze, ad esempio alcuni micronutrienti, che usati in terapia vengono valutati per la loro capacità di influenzare i processi di trascrizione genica modificando l’espressione di geni importanti per la salute.

Un aspetto particolare riguarda il rapporto tra il MICROBIOTA INTESTINALE e l’epigenetica. Gli stimoli batterici che derivano dall’interazione tra ospite e flora batterica giocano un ruolo essenziale nella risposta dell’organismo e sono in grado di alterare i meccanismi e i marcatori epigenetici.

Le prove scientifiche sulle interazioni ospite-batteri sono in crescita esponenziale e riguardano in particolare le comunicazioni da cellula a cellula e segnali sierici fino ad interessare il sistema nervoso centrale. Le relazioni tra microbiota e ospite sono state studiate soprattutto in relazione alle alterazioni intestinali come IBD (Malattia infiammatoria intestinale) ed il cancro colon rettale.

Studi recenti hanno dimostrato che un’alterazione del MICROBIOTA INTESTINALE può comportare una anormalità epigenetica con espressione differenziale dei geni che possono scatenare l’esordio e la progressione di processi infiammatori e di carcinomi intestinali.

Le interazioni microbiota-organismo non si limitano all’intestino ma si estendono a molte possibili vie di interazione tra meccanismi epigenetici e l’asse microbiota-intestino-cervello e dunque comprende le vie neurali, endocrine, immunologiche e conseguenti up/down regolazioni epigenetiche.

La Farmacogenetica/Farmacogenomica si prepone l’obbiettivo di definire l’influenza dei fattori genetici sull’efficacia farmacologica e sulle possibili reazioni avverse. La Farmacogenetica si focalizza sulle conseguenze farmacologiche di una singola mutazione genetica. La farmacogenomica invece, considera simultaneamente i numerosi geni e le loro interazioni reciproche, permettendo di valutare gli effetti terapeutici, gli effetti collaterali tossici e le interazioni farmacologiche anche tra molecole diverse.

Attraverso la Farmacogenomica si può incrementare la capacità di sviluppare la conoscenza e i meccanismi di azione delle nuove diverse molecole, al fine di favorire la pratica di una medicina personalizzata dove le varietà ereditarie, gli enzimi responsabili della metabolizzazione dei farmaci, dei trasportatori di molecole, dei ricettori, possono essere multifattoriali e dipendenti da diversi fattori (età, sesso, funzionalità renale, epatica, ormonale, terapie concomitanti).

Tutto ciò può contribuire a identificare gli interventi terapeutici più efficaci in particolare sul versante femminile (sistema neuroendocrino, ormonale, neurovascolare, neuromuscolare).

Dalla ricerca scientifica indipendente, attraverso progetti internazionali sostenuti da fondi CEE (progetto FLAIR AGR E-CT 31-0053 e progetto PROBDEMO FAIR CT 96-1028) e controllati da organismi internazionali come F.A.O. ed W.H.O. è stato isolato un ceppo batterico immunobiotico denominato e codificato come Lactobacillus paracasei subsp. paracasei F19 (L.19). Tale microrganismo risulta essere l’unico oggi disponibile sul mercato farmaceutico con caratteristiche di dimostrata e comprovata stabilità genetica.

Infatti sia DNA cromosomico che quello plasmidico non subivano mutazioni in condizioni nelle quali tutti gli altri ceppi presi in esame mutavano. Inoltre, successivi studi indipendenti condotti dalla Arexis, società biotecnologica svedese, su vari ceppi di batteri lattici utilizzati a scopo probiotico, attribuivano al Lactobacillus paracesei subsp. paracasei F19 caratteristiche nutrigenomiche, in quanto capace di interagire con il sistema immunitario intestinale regolando la produzione di citochine e modulando positivamente la risposta anticorpale.

Studi recentissimi, hanno evidenziato l’interazione positiva e benefica del Lactobacillus paracasei subsp. paracasei F19 in grado di poter interagire positivamente con il sistema immune correlando con le sequenze genetiche la cui deregolazione è causa dei processi infiammatori e di molte alterazioni metaboliche.

Tale meccanismo di azione dimostrato dal paracasei subsp. paracasei F19 risulta di particolare interesse perché può rappresentare un importante progresso terapeutico con elevati profili di sicurezza nelle patologie digestive e nei disturbi funzionali in particolare della donna.

Il paracasei subsp. paracasei F19 si è dimostrato inoltre capace di controllare il fenomeno dell’antibiotico-resistenza e di agire positivamente sul metabolismo degli alimenti.

Recentemente è disponibile in commercio un trade market che contiene il Lactobacillus paracasei subsp. paracasei F19 con imprinting specie-specifico femminile e caratteristiche biochimiche, genetiche in grado di tutelare le differenze delle cellule e l’equilibrio del microbioma della donna.

Il Lactobacillus paracasei subsp. paracasei F19 è un genobiotico selezionato per la salute della donna (approccio terapeutico adeguato per tutelare al meglio la salute femminile – MEDICINA DI GENERE) utile ed efficace per prevenire overgrowth batterico intestinale, vaginiti e vulvovaginiti, stipsi, diarree di tipo infettivo e da utilizzo di antibiotici, colon irritabile, infezioni urinarie, impurità della pelle (acne, brufoli, opacità), malattie metaboliche, disbiosi batteriche.

Molti report in letteratura hanno sottolineato, inoltre, la particolare capacità biotecnologica del Lactobacillus paracasei subsp. paracasei F19.

Oltre a rimarcare i benefici clinici di tale farmacogenomico nutrigenomico, studi in vivo e in vitro dimostrano la particolare peculiarità del Lactobacillus paracasei subsp. paracasei F19 di agire come carrier di alcune sistanze biologicamente attive come gli Antimicrobial Peptidi.

Adeguate concentrazioni di questo particolare ceppo in un rapporto dose/effetto, consentono attraverso il sistema del GALT e del MALT di raggiungere alcuni siti periferici dell’apparato umano (ad esempio l’apparato uroginecologico), e permettono di ottimizzare il trasporto di strutture peptidiche legate con spiccato effetto antimicrobico e antivirale.

Una nuova classe di sostanze farmacologiche ad azione antimicrobica, antivirale e antinfiammatoria, definite come “Antimicrobial Peptide” viene oggi preso in forte considerazione per lo sviluppo della moderna farmaceutica.

Si tratta di molecole AMP (Antimicrobial Peptide) che mantenendo gli essenziali requisiti di sicurezza e di efficacia propri dell’area farmacogenomica, rappresentano una possibile alternativa o complemento terapeutico rispetto alle convenzionali terapie contro l’attività di batteri, virus e funghi.

Un importante AMP (Antimicrobial Peptide) recentemente brevettato, ottenuto dall’idrolisi per via chimica o enzimatica della lattoferrina (che è una componente del sistema immune innato, una glicoproteina dalle spiccate caratteristiche), è stata utilizzata sia in vitro che in vivo per la sua azione antimicrobica e antivirale.

L’Antimicrobial Peptide incapsulato e legato al Lactobacillus paracasei subsp. paracasei F19, ha manifestato le proprie caratteristiche di carrier in grado di aggregare e trasportare altre molecole farmaceutiche (di natura peptidica proteica), mantenendo la propria natura biologica in grado di interagire col sistema immune, esplicare un’azione antibatterica, antimicrobica, antifungina e prevenire lo sviluppo dei biofilm batterici  riducendo il rischio di infezioni invasive.

L’approfondimento scientifico dei meccanismi di azione dell’AMP (Antimicrobial Peptide) in combinazione con il paracasei sub.sp paracasei F19, ha consentito di sviluppare soluzioni terapeutiche innovativamente utili in molte infezioni croniche, per prevenire e curare disturbi funzionali e patologie caratteristiche della donna attraverso composizioni farmacogenomiche disponibili sia per uso sistemico, che per uso topico, particolarmente utili in caso di vaginiti, vulvovaginiti, cistiti, endometriosi, overgrowth batterico, candidosi.

Una delle malattie ginecologiche in aumento e spesso misconosciuta è l’endometriosi, si calcola che siano colpite il 10-15% delle donne in età fertile e quasi la metà delle donne con problemi di infertilità. L’endometriosi può manifestarsi con sintomi diversi. A volte predomina il dolore, in altri casi una sterilità o danni ad altri (ad es. reni, intestino), provocando lesioni progressive d’organi interni, spesso senza essere diagnosticata.

Oltre alle malattie specifiche della donna rientrano nella ginecologia anche le fasi naturali di vita, quali la gravidanza, il parto, l’allattamento e la menopausa.

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La ginecologia estetica di nuova generazione

È da evidenziare come oggi la donna abbia l’esigenza di sentirsi “in ordine” e giovane anche dopo i 50 anni e dopo aver avuto dei figli. Ridonare turgore, idratazione ed elasticità ad un tessuto, quello vulvare, che come tutti gli altri risente negativamente di vari fattori di invecchiamento (in particolare di quelli ormonali) costituisce la nuovissima tendenza.

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Infezioni Delle Vie Urinarie: Sintomi, Cause E Principali Rimedi

Le infezioni urinarie sono un problema che affligge molto comunemente sia uomini che donne. In particolare il rischio di infezione alle vie urinarie colpisce maggiormente il genere femminile.

Andiamo a conoscere le cause e i rimedi naturali per prevenire e curare le infezioni alle vie urinarie.

Le infezioni urinarie vengono suddivise in infezioni inferiori e superiori a seconda della zona in cui è presente l’infiammazione.
Se sono coinvolte le vie urinarie inferiori avremo un’infiammazione a carico dell’uretra e della ciste, e parleremo di uretriti e cistiti; se sono coinvolte le vie urinarie superiori saremo a carico dei reni e e degli ureteri e parleremo di nefriti.

Le infezioni delle vie urinarie inferiori sono meno gravi e di più facile guarigione mentre le seconde hanno un’importanza clinica più sostenuta.

Sintomi in caso di infezioni urinarie:

I sintomi che possono far pensare di avere un’infezione urinaria sono molteplici ma essenzialmente sono sensazioni di disturbo nel momento della minzione.

Può essere avvertito un fastidio o un bruciore proprio durante l’atto dell’urinare o un malessere nella zona sovrastante, del pube e addominale.

Inizialmente il primo sintomo dell’infezione urinaria è il bisogno di urinare più frequentemente e in modo impellente oppure la sensazione di non aver svuotato totalmente la vescica.

I sintomi possono poi aggravarsi con bruciore e dolore persistenti indici appunto di un’infezione in atto; in alcuni casi può manifestarsi anche la comparsa di sangue nelle urine, a volte visibile ad occhio nudo, altre volte valutabile solo attraverso un’analisi microscopica delle urine.

Il test delle urine è l’analisi clinica migliore per diagnosticare la presenza di un’infezione delle vie urinarie dato che verifica la presenza di infezione valutando il numero di globuli bianchi e di leucociti nelle urine che aumenta appunto in caso di infezione.

Un ultimo sintomo di infezione può essere la presenza di brividi o febbre associato a dolore della zona renale che porta a pensare subito alla presenza di un’infiammazione più spesso legata alle vie urinarie superiori e quindi che coinvolgono i reni.

Cause delle infezioni alle vie urinarie

Le infezioni alle vie urinarie sono solitamente dovute alla presenza di batteri nei condotti o nelle zone dell’apparato urinario che proliferando scatenano l’infezione.

Questi batteri sono comunemente presenti nel nostro organismo sia nell’intestino che in altre zone vicino alle vie urinarie e da questi siti possono migrare cominciando a moltiplicarsi e a creare l’infezione nell’apparato urinario.I più comuni batteri che causano le infezioni delle vie urinarie sono lo Staphylococcus e l’Escherichia Coli.

Le infezioni delle vie urinarie sono abbastanza comuni sia nella donna che nell’uomo. Nella donna comunque la percentuale di incidenza è molto superiore perché la forma anatomica femminile dell’uretra permette una facile risalita da parte dei batteri patogeni che sono responsabili delle infezioni.

Oltre alla presenza endogena di batteri che possono migrare e scatenare l’infezione, vi sono altre cause che creano l’habitat idoneo allo sviluppo delle infezioni delle vie urinarie; il pH corporeo è di fondamentale importanza e più è acido più vi sarà il rischio di insorgenza di infiammazioni ed è influenzato da diversi fattori, in particolare da alimentazione, fumo e stress.

Nel caso delle infezioni urinarie, la stitichezza è un altro fattore di rischio perché la presenza di feci nel tratto può rilasciare sostanze tossiche e batteri che andrebbero eliminati e che invece per una permanenza troppo prolungata restano all’interno dell’organismo. Anche qui una corretta alimentazione gioca una partita importante contro questa causa delle infezioni urinarie.
Altre cause di infezione delle vie urinarie sono associate a predisposizione genetiche e quindi specifiche di un tale soggetto.

Infine anche la presenza di altre patologie che richiedono l’uso di medicinali che possono modificare la flora batterica interna del corpo oppure malattie come il diabete sono anche esse cause collegabili alla possibile insorgenza di infezioni alle vie urinarie.

Rimedi contro le infezioni urinarie

Il primo rimedio in caso di infiammazione urinaria è quello di aumentare i liquidi corporei per aiutare a depurare l’organismo e accentuare l’eliminazione di sostanze infette e dei batteri.
Bere molto è il primo passo da fare: aumentare almeno a 2 litri di acqua naturale nell’arco della giornata e possibilmente frazionata in 2 bicchieri ogni ora.

Inoltre sarà ottima l’abitudine di aggiungere estratti o centrifugati di frutta e verdura freschi per apportare vitamine e aumentare i liquidi corporei e la detossificazione generale del corpo.
In campo alimentare potremo aiutarci eliminando i cibi che acidificano il corpo e aumentando quelli alcalinizzanti.

I cibi acididificanti da sospendere in caso di infezioni sono tutti gli alimenti di origine animale (carni, pesce, uova, latte e latticini) e anche gli alcolici, lo zucchero bianco e le bevande nervine come il caffè.

Da aumentare invece tutti i cibi vegetali alcalinizzanti e quindi via libera a frutta e verdura. In particolare vanno aumentati i cibi ricchi di vitamina C (kiwi, fragole, agrumi, rosa canina e acerola) proprio perché questa vitamina attiva il sistema immunitario importante nella risposta antinfiammatoria e inoltre porta al giusto equilibrio pH delle urine creando un ambiente che non permettere la proliferazione batterica.

Attenzione all’utilizzo di antibiotici

L’utilizzo di antibiotici o altri agenti disinfettanti e antisettici per cercare di risolvere i problemi legati alle infezioni delle vie urinarie è spesso causa di effetti secondari indesiderati come:
 antibiotico resistenza;
 micosi;
 possibile alterazione del sistema immune.

Utilizzare integratori alimentari

Piuttosto che abusare degli antibiotici, che, come spiegato, sono spesso causa di effetti indesiderati, sarebbe opportuno utilizzare degli integratori alimentari sia in fase preventiva sia in fase acuta.

Il Rivuclin Buste grazie all’azione sinergica dei suoi componenti permette di evitare l’abuso di antibiotici, prevenire il rischio di resistenze e contrastare le infezioni delle vie urinarie ricorrenti recidivanti inibendo i batteri opportunisti, destrutturando i biofilm batterici e riducendo il rischio di recidive.
Vieni a scoprire di più sulla linea dedicata alle infezioni delle vie urinarie: https://farmagensonline.it/categoria-prodotto/rivuclin/

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