MICROBIOTA VAGINALE e FARMACOGENOMICA

Nel 1892 lo scienziato tedesco Albert Doderlein dimostra per primo, mediante coltura, la presenza in vagina di microbi gram-postivi capaci di produrre acido lattico e di inibire la crescita di patogeni.

Nel 1928 Stanley Thomas, mediante coltura ed osservazione al microscopio, caratterizza la presenza del Lactobacillus Acidophilus e fino al 1980 si è creduto che il Microbiota vaginale fosse dominato da questo tipo di batteri. Negli anni successivi con metodiche molecolari, viene dimostrato che nove specie diverse di lattobacilli sono presenti sulla mucosa della vagina normale (acidophilus, amylolyticus, amylovorus, crispatus, gallinarium, gasseri, iners, jensenii e johnsonii). La composizione del Microbiota vaginale cambia drasticamente nel tempo, condizionato dai vari livelli di estrogeni durante la crescita della donna.

Dopo la nascita la vagina viene colonizzata da un gran numero di microorganismi, la maggior parte dei quali di origine gastrointestinale che per via ascendente o dalla cute circostante, indipendentemente dall’igiene, raggiungono la vagina.

Nella fase pre-puberale, i bassi livelli di estrogeni determinano un sottile strato della mucosa e bassi livelli di glicogeno, con conseguente riduzione dei lattobacilli ed aumento del pH che favoriscono la proliferazione di un gran numero di batteri aerobi ed anaerobi facoltativi. Con la pubertà, sotto il controllo degli estrogeni, l’epitelio vaginale si ispessisce e l’aumento del glicogeno seleziona i microorganismi fermentanti, ed il microbiota vaginale è dominato dai lattobacilli soprattutto L. iners, L. crispatus, L. jensenii, and L. gasseri

Negli ultimi anni l’interesse per il microbiota vaginale è nettamente aumentato. Recenti studi hanno dimostrato grande diversità del microbiota vaginale nelle differenti aree geografiche ed anche se un normale ecositema vaginale può essere mantenuto senza la predominanza dei lattobacilli, sembra comunque che la capacità di produrre acido lattico sia una caratteristica irrinunciabile dei microorganismi che lo compongono. Altri studi hanno riportato che il microbiota vaginale non è stabile e le tipologie batteriche possono fluttuare, pur mantenendo una corretta funzionalità, nonostante il cambio della composizione batterica.

Il ciclo mestruale e l’attività sessuale sono le più comuni cause di fluttuazione delle comunità batteriche vaginali. Il microbiota vaginale ha un importante ruolo nella colonizzazione dei neonati, quelli nati da parto vaginale acquisiscono comunità batteriche dominate da lattobacilli simili a quelli vaginali materni. Quelli nati con parto cesareo invece sono colonizzati da batteri di tipo cutaneo dominati da Staphylococcus, Corynebacterium e Propionibacterium.

Resta da stabilire l’impatto che queste diversità batteriche nei neonati potrebbero avere sulla salute dell’individuo adulto. Nelle donne post-menopausa al diminuire degli estrogeni corrisponde una variazione del microbiota vaginale, con netta riduzione dei lattobacilli e potenziale aumento della crescita dei patogeni.

In generale il microbiota vaginale possiede meno diversità rispetto a quello intestinale, le differenze nutrizionali, la ridotta competizione con altri microorganismi, le diverse attività e funzioni immunologiche possono spiegare tali differenze.

Durante le vaginiti batteriche una grande ed anormale varietà microbica con molti patogeni si sostituisce alla normale flora dominata dai lattobacilli.

Comuni specie batteriche patogene sono rappresentate da anaerobi sia Gram-positivi che Gram-negativi e con i recenti metodi molecolari nuovi tipi di batteri sono individuati ed associati a specifiche forme di vaginiti con potenziale diffusione al tratto urogenitale.

Anche se le cause delle vaginiti batteriche con associate diminuzione dei lattobacilli spesso non sono chiare, recenti studi attribuiscono un ruolo a particolari “fagi” che parassitano i batteri vaginali e contribuiscono a ridurre la popolazione di lattobacilli vaginali. Alla base potrebbe essere un cambio nella popolazione fagica del microbiota fecale con trasformazione della popolazione batterica generale inclusa quella vaginale.

Nel 1996 viene riportata per la prima volta una significativa riduzione degli episodi di vaginite batterica in donne che assumevano yoghurt contenente L. acidophilus rispetto ai controlli che assumevano yoghurt pastorizzato. Successivamente, sono stati pubblicati altri studi che dimostravano il ritrovamento in vagina di lattobacilli assunti oralmente. Combinazioni di L. rhamnosus GR-1 e L. fermentum RC-14 assunti una volta al dì raggiungevano la vagina dopo circa sei giorni e normalizzavano i parametri della vaginite batterica entro 28-60 giorni dall’inizio del trattamento.  L’abilità di muoversi dal retto e colonizzare l’ambiente vaginale è proprietà di alcuni ceppi di lattobacilli e di altri batteri con specifico trofismo vaginale. E’ possibile che questi ceppi posseggano particolari geni, che codificano per specifici meccanismi, che permettono sia il trasferimento dal retto che l’attecchimento in ambiente vaginale. Di certo i lattobacilli producenti perossido di idrogeno, tra questi L. crispatus e L. jensenii, essendo in grado di aderire alla mucosa rettale possono essere candidati a colonizzare la vagina. Comunque la produzione di H2O2 non è la sola condizione che favorisce la colonizzazione vaginale, infatti L. fermentum e L. plantarum, lattobacilli che non producono H2O2, sono stati spesso trovati in ambiente vaginale dopo assunzione orale, quindi altri meccanismi sono implicati nella capacità di alcuni microorganismi di colonizzare dopo assunzione orale il tratto urogenitale femminile.

La tipizzazione molecolare rende possibile dimostrare che ceppi geneticamente stabili siano identici a quelli assunti oralmente.

Recentemente, sono state pubblicate numerose “review” e meta-analisi sull’efficacia clinica dei probiotici nelle vaginiti batteriche, tutti, in maniera simile, concludono che non esiste ancora sufficiente evidenza per raccomandare i probiotici come trattamento standard o nella prevenzione della vaginite batterica. In particolare, alcuni studi dimostrano una maggiore efficacia quando i probiotici vengono aggiunti sia oralmente che intravaginali al metronidazolo.

Altri dimostrano che singoli ceppi o combinazioni sono in grado di colonizzare la vagina, riducendone il pH e migliorando lo score di Nugent. Una combinazione di Lactobacillus fermentum 57A, Lactobacillus plantarum 57B e Lactobacillus gasseri 57C assunti per os sono in grado di colonizzare la vagina per diverse settimane persistendo dopo interruzione dell’assunzione per uno e due cicli mestruali, anche se bisogna ammettere una grande variabilità interindividuale.

MICROBIOMA UMANO, MICROBIOTA, EPIGENETICA, NUTRIGENOMICA, FARMACOGENOMICA

Il campo dell’alimentazione e dell’integrazione alimentare è andato incontro negli ultimi anni a un processo scientifico innovativo e rigoroso.

Uno degli aspetti più interessanti è la possibilità di conoscere i meccanismi di azione di molecole farmaceutiche e di altre sostanze, ad esempio alcuni micronutrienti, che usati in terapia vengono valutati per la loro capacità di influenzare i processi di trascrizione genica modificando l’espressione di geni importanti per la salute.

Un aspetto particolare riguarda il rapporto tra il MICROBIOTA INTESTINALE e l’epigenetica. Gli stimoli batterici che derivano dall’interazione tra ospite e flora batterica giocano un ruolo essenziale nella risposta dell’organismo e sono in grado di alterare i meccanismi e i marcatori epigenetici.

Le prove scientifiche sulle interazioni ospite-batteri sono in crescita esponenziale e riguardano in particolare le comunicazioni da cellula a cellula e segnali sierici fino ad interessare il sistema nervoso centrale. Le relazioni tra microbiota e ospite sono state studiate soprattutto in relazione alle alterazioni intestinali come IBD (Malattia infiammatoria intestinale) ed il cancro colon rettale.

Studi recenti hanno dimostrato che un’alterazione del MICROBIOTA INTESTINALE può comportare una anormalità epigenetica con espressione differenziale dei geni che possono scatenare l’esordio e la progressione di processi infiammatori e di carcinomi intestinali.

Le interazioni microbiota-organismo non si limitano all’intestino ma si estendono a molte possibili vie di interazione tra meccanismi epigenetici e l’asse microbiota-intestino-cervello e dunque comprende le vie neurali, endocrine, immunologiche e conseguenti up/down regolazioni epigenetiche.

La Farmacogenetica/Farmacogenomica si prepone l’obbiettivo di definire l’influenza dei fattori genetici sull’efficacia farmacologica e sulle possibili reazioni avverse. La Farmacogenetica si focalizza sulle conseguenze farmacologiche di una singola mutazione genetica. La farmacogenomica invece, considera simultaneamente i numerosi geni e le loro interazioni reciproche, permettendo di valutare gli effetti terapeutici, gli effetti collaterali tossici e le interazioni farmacologiche anche tra molecole diverse.

Attraverso la Farmacogenomica si può incrementare la capacità di sviluppare la conoscenza e i meccanismi di azione delle nuove diverse molecole, al fine di favorire la pratica di una medicina personalizzata dove le varietà ereditarie, gli enzimi responsabili della metabolizzazione dei farmaci, dei trasportatori di molecole, dei ricettori, possono essere multifattoriali e dipendenti da diversi fattori (età, sesso, funzionalità renale, epatica, ormonale, terapie concomitanti).

Tutto ciò può contribuire a identificare gli interventi terapeutici più efficaci in particolare sul versante femminile (sistema neuroendocrino, ormonale, neurovascolare, neuromuscolare).

Dalla ricerca scientifica indipendente, attraverso progetti internazionali sostenuti da fondi CEE (progetto FLAIR AGR E-CT 31-0053 e progetto PROBDEMO FAIR CT 96-1028) e controllati da organismi internazionali come F.A.O. ed W.H.O. è stato isolato un ceppo batterico immunobiotico denominato e codificato come Lactobacillus paracasei subsp. paracasei F19 (L.19). Tale microrganismo risulta essere l’unico oggi disponibile sul mercato farmaceutico con caratteristiche di dimostrata e comprovata stabilità genetica.

Infatti sia DNA cromosomico che quello plasmidico non subivano mutazioni in condizioni nelle quali tutti gli altri ceppi presi in esame mutavano. Inoltre, successivi studi indipendenti condotti dalla Arexis, società biotecnologica svedese, su vari ceppi di batteri lattici utilizzati a scopo probiotico, attribuivano al Lactobacillus paracesei subsp. paracasei F19 caratteristiche nutrigenomiche, in quanto capace di interagire con il sistema immunitario intestinale regolando la produzione di citochine e modulando positivamente la risposta anticorpale.

Studi recentissimi, hanno evidenziato l’interazione positiva e benefica del Lactobacillus paracasei subsp. paracasei F19 in grado di poter interagire positivamente con il sistema immune correlando con le sequenze genetiche la cui deregolazione è causa dei processi infiammatori e di molte alterazioni metaboliche.

Tale meccanismo di azione dimostrato dal paracasei subsp. paracasei F19 risulta di particolare interesse perché può rappresentare un importante progresso terapeutico con elevati profili di sicurezza nelle patologie digestive e nei disturbi funzionali in particolare della donna.

Il paracasei subsp. paracasei F19 si è dimostrato inoltre capace di controllare il fenomeno dell’antibiotico-resistenza e di agire positivamente sul metabolismo degli alimenti.

Recentemente è disponibile in commercio un trade market che contiene il Lactobacillus paracasei subsp. paracasei F19 con imprinting specie-specifico femminile e caratteristiche biochimiche, genetiche in grado di tutelare le differenze delle cellule e l’equilibrio del microbioma della donna.

Il Lactobacillus paracasei subsp. paracasei F19 è un genobiotico selezionato per la salute della donna (approccio terapeutico adeguato per tutelare al meglio la salute femminile – MEDICINA DI GENERE) utile ed efficace per prevenire overgrowth batterico intestinale, vaginiti e vulvovaginiti, stipsi, diarree di tipo infettivo e da utilizzo di antibiotici, colon irritabile, infezioni urinarie, impurità della pelle (acne, brufoli, opacità), malattie metaboliche, disbiosi batteriche.

Molti report in letteratura hanno sottolineato, inoltre, la particolare capacità biotecnologica del Lactobacillus paracasei subsp. paracasei F19.

Oltre a rimarcare i benefici clinici di tale farmacogenomico nutrigenomico, studi in vivo e in vitro dimostrano la particolare peculiarità del Lactobacillus paracasei subsp. paracasei F19 di agire come carrier di alcune sistanze biologicamente attive come gli Antimicrobial Peptidi.

Adeguate concentrazioni di questo particolare ceppo in un rapporto dose/effetto, consentono attraverso il sistema del GALT e del MALT di raggiungere alcuni siti periferici dell’apparato umano (ad esempio l’apparato uroginecologico), e permettono di ottimizzare il trasporto di strutture peptidiche legate con spiccato effetto antimicrobico e antivirale.

Una nuova classe di sostanze farmacologiche ad azione antimicrobica, antivirale e antinfiammatoria, definite come “Antimicrobial Peptide” viene oggi preso in forte considerazione per lo sviluppo della moderna farmaceutica.

Si tratta di molecole AMP (Antimicrobial Peptide) che mantenendo gli essenziali requisiti di sicurezza e di efficacia propri dell’area farmacogenomica, rappresentano una possibile alternativa o complemento terapeutico rispetto alle convenzionali terapie contro l’attività di batteri, virus e funghi.

Un importante AMP (Antimicrobial Peptide) recentemente brevettato, ottenuto dall’idrolisi per via chimica o enzimatica della lattoferrina (che è una componente del sistema immune innato, una glicoproteina dalle spiccate caratteristiche), è stata utilizzata sia in vitro che in vivo per la sua azione antimicrobica e antivirale.

L’Antimicrobial Peptide incapsulato e legato al Lactobacillus paracasei subsp. paracasei F19, ha manifestato le proprie caratteristiche di carrier in grado di aggregare e trasportare altre molecole farmaceutiche (di natura peptidica proteica), mantenendo la propria natura biologica in grado di interagire col sistema immune, esplicare un’azione antibatterica, antimicrobica, antifungina e prevenire lo sviluppo dei biofilm batterici  riducendo il rischio di infezioni invasive.

L’approfondimento scientifico dei meccanismi di azione dell’AMP (Antimicrobial Peptide) in combinazione con il paracasei sub.sp paracasei F19, ha consentito di sviluppare soluzioni terapeutiche innovativamente utili in molte infezioni croniche, per prevenire e curare disturbi funzionali e patologie caratteristiche della donna attraverso composizioni farmacogenomiche disponibili sia per uso sistemico, che per uso topico, particolarmente utili in caso di vaginiti, vulvovaginiti, cistiti, endometriosi, overgrowth batterico, candidosi.

Una delle malattie ginecologiche in aumento e spesso misconosciuta è l’endometriosi, si calcola che siano colpite il 10-15% delle donne in età fertile e quasi la metà delle donne con problemi di infertilità. L’endometriosi può manifestarsi con sintomi diversi. A volte predomina il dolore, in altri casi una sterilità o danni ad altri (ad es. reni, intestino), provocando lesioni progressive d’organi interni, spesso senza essere diagnosticata.

Oltre alle malattie specifiche della donna rientrano nella ginecologia anche le fasi naturali di vita, quali la gravidanza, il parto, l’allattamento e la menopausa.

Il ruolo dei probiotici sulle infezioni del tratto respiratorio e gastrointestinale

Il ruolo del microbiota intestinale nel plasmare le risposte immunitarie ha portato gli scienziati a esplorare la modulazione del sistema immunitario come meccanismo alla base dei benefici per la salute dei probiotici.

Una nuova revisione sistematica e una meta-analisi di 9 studi clinici randomizzati suggeriscono che i probiotici possono ridurre l’incidenza delle infezioni del tratto respiratorio e gastrointestinale in bambini e adulti generalmente sani.

Il microbiota intestinale vive a stretto contatto con la barriera intestinale e molecole come l’immunoglobulina A prodotta dalle plasmacellule nella lamina propria. Il fatto che la maggior parte del sistema immunitario nel corpo umano si trovi all’interno dell’intestino, in particolare nell’intestino tenue ma anche nell’intestino crasso, ha portato gli scienziati a esplorare il ruolo dei probiotici nella funzione immunitaria.

Un meccanismo attraverso il quale i batteri probiotici potrebbero modulare il sistema immunitario umano, ad esempio, è l’aumento della risposta anticorpale, la diminuzione dell’infiammazione e la stimolazione della fagocitosi. Tuttavia, è stato poco studiato fino a che punto i probiotici, specialmente sotto forma di bevande a base di latte fermentato, possono influenzare la funzione immunitaria nella popolazione sana.

Una nuova revisione sistematica e una meta-analisi di studi randomizzati controllati conclude che un latte fermentato con batteri probiotici può ridurre le infezioni del tratto respiratorio e gastrointestinale in bambini e adulti sani, ma senza effetti sulla loro durata o gravità.

Gli autori hanno incluso nell’analisi nove studi randomizzati controllati che esploravano gli effetti di una bevanda a base di latte fermentato che conteneva il batterio probiotico Lacticaseibacillus paracasei subsp. paracasei CNCM I-1518 (Lactobacillus paracasei subsp. paracasei F19®)con colture standard di yogurt sull’incidenza, la durata e la gravità delle infezioni del tratto respiratorio superiore e inferiore e delle infezioni del tratto gastrointestinale in bambini e adulti generalmente sani di età pari o superiore a 2 anni (2 studi su bambini, 3 studi su adulti e 4 studi negli anziani).

L’efficacia e la sicurezza di questo ceppo probiotico erano fondate su studi precedenti che sostenevano il ruolo del ceppo nella modulazione di alcuni marcatori immunitari. In effetti, è stato suggerito che questo batterio probiotico possa migliorare l’immunità dell’ospite modulando il microbiota intestinale, la barriera epiteliale e la risposta immunitaria della mucosa locale.

Il consumo della bevanda a base di latte fermentato probiotico ha ridotto l’incidenza di infezioni del tratto respiratorio e gastrointestinale rispetto a un intervento con placebo o di controllo, misurato dal numero di soggetti che hanno manifestato una o più infezioni. Tuttavia, la bevanda a base di latte fermentato probiotico non ha avuto alcun effetto sulla durata o sulla gravità delle malattie infettive.

Alcuni limiti degli studi sull’intervento umano presentati nella meta-analisi includevano la mancata considerazione dei fattori confondenti (ad es., auto-segnalazione di infezioni senza diagnosi da parte di un medico), la bassa qualità degli studi riportata in alcuni studi, alti livelli di eterogeneità e occasionalmente insufficiente dati per la valutazione del bias di pubblicazione.

In conclusione, i risultati suggeriscono che le bevande a base di latte fermentato con batteri probiotici possono aiutare a ridurre la comparsa di nuovi casi di infezioni del tratto respiratorio e gastrointestinale che sono comuni nei bambini e negli adulti generalmente sani. I probiotici di per sé non prevengono o curano un’infezione, ma alla luce dei risultati attuali, questo sembra un approccio plausibile per supportare il sistema immunitario nel contesto di una dieta equilibrata.

Fonti bibliografiche:

Spencer J, Sollid LM. The human intestinal B-cell responseMucosal Immunol. 2016; 9(5):1113-1124. doi: 10.1038/mi.2016.59.

Poon T, Juana J, Noori D, Jeansen S, Pierucci-Lagha A, Musa-Veloso K. Effects of a fermented dairy drink containing Lacticaseibacillus paracasei subsp. paracasei CNCM I-1518 (Lactobacillus casei CNCM I-1518) and the standard yogurt cultures on the incidence, duration, and severity of common infectious diseases: A systematic review and meta-analysis of randomized controlled trialsNutrients. 2020; 12(11):3443. doi: 10.3390/nu12113443.

Fonte: Gutmicrobiotaforhealth.com

Il Microbioma intestinale nelle prime ore di vita influenza la salute futura

Un team di ricercatori dell’Ospedale pediatrico di Filadelfia (CHOP) ha studiato lo sviluppo del microbioma intestinale nelle prime ore dell’infanzia, fornendo una base scientifica su come i cambiamenti in questo apparato possono avere un impatto sulla salute e sulle malattie in futuro. I risultati sono stati pubblicati online dalla rivista Nature Microbiology.

Mentre i ricercatori hanno compreso l’importante connessione tra le molte specie di batteri nel microbioma intestinale e la salute umana, come queste specie emergano nell’infanzia e quali funzioni assolvono non sono completamente comprese.

“Alla fine, l’intestino nei bambini conterrà centinaia di diverse specie di batteri, ma alla nascita potrebbero esserci solo 10 o meno specie”, ha dichiarato Kyle Bittinger, PhD, direttore del centro di analisi del Microbiome Center presso CHOP e primo autore dello studio. “Volevamo capire perché quei particolari batteri sono i primi ad emergere e qual è il loro comportamento nelle prime ore di vita.”

Il team di studio si è concentrato su tre specie di batteri – Escherichia coli, Enterococcus faecalis e Bacteroides vulgatus – perché ad oggi quelle specie sono state osservate nel maggior numero di bambini. Hanno analizzato i genomi di questi batteri per determinare perché stanno crescendo nei neonati. Inoltre, il team ha caratterizzato le proteine ​​e i metaboliti, o piccole molecole, presenti nel microbioma in questa fase di sviluppo.

Una delle sfide per la raccolta di queste informazioni è che per le prime ore di vita, qualsiasi DNA raccolto da un campione di feci non proviene dai batteri ma dal bambino stesso. I ricercatori non hanno visto i batteri emergere in concentrazioni rilevabili fino a quando i bambini non avevano circa 16 ore.

Il team di studio ha trovato prove che l’ambiente iniziale del microbioma intestinale è anaerobico, contrariamente al modello prevalente che sostiene che l’intestino diventa anerobico solo dopo che i batteri crescono e consumano ossigeno. Le prove provenivano dall’osservazione dell’ordine in cui gli aminoacidi venivano consumati dai batteri.

Il team di studio ha anche osservato che i livelli di metaboliti erano generalmente coerenti con il rilevamento di batteri. Le molecole prodotte in genere dai batteri intestinali, come acetato e succinato, sono aumentate in campioni in cui sono stati rilevati batteri. Inoltre, i livelli di proteine ​​selezionate sono scesi nei campioni contenenti batteri, suggerendo che i batteri avrebbero potuto consumare quelle proteine ​​per favorire la crescita.

L’analisi delle tre specie batteriche studiate in questi neonati ha rivelato che stavano già emergendo molteplici ceppi di ciascun batterio.

“Con le informazioni che abbiamo, mentre continuiamo a seguire questi bambini, possiamo seguirli e vedere per quanto tempo persistono questi primi ceppi di batteri”, ha detto Bittinger. “Possiamo quindi vedere le conseguenze di questa attività chimica iniziale nei campioni successivi e speriamo di individuare i primi cambiamenti che potrebbero avere un impatto sulla salute più avanti nell’infanzia”.

I ricercatori sperano di utilizzare i risultati dello studio per determinare in che modo lo sviluppo del microbioma intestinale può influenzare l’aumento di peso in eccesso. I bambini coinvolti in questo studio saranno seguiti nei primi due anni di vita. Inoltre, tutti gli 88 bambini coinvolti nello studio sono afroamericani, una popolazione per la quale l’obesità infantile è una preoccupazione crescente.

“Esistono pochi studi che hanno esaminato i modelli di crescita infantile negli afroamericani”, ha dichiarato Babette Zemel, PhD, direttore del programma associato del Center for Human Phenomic Science, direttore del Nutrition and Growth Laboratory, un ricercatore accademico con Programma sul peso salutare al CHOP, professore di ricerca di pediatria alla Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania e co-autore senior dello studio. “Con questo importante primo pezzo del puzzle, possiamo seguire questi bambini sani e imparare come appare un normale modello di crescita in modo che, in futuro, potremmo essere in grado di intervenire quando i cambiamenti nel microbioma possono influenzare negativamente i bambini.”

Fonte:

https://www.nature.com/articles/s41564-020-0694-0

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